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  • davide a. milani

La curiosa storia di Neal Tourdo: in giro per il mondo con una racchetta, nei primi anni Ottanta.


"We spend a lot of time idealizing tennis as it used to be, and pining for another tennis boom, like the one in the '70s and '80s, when it could often feel like the sport was populated by pirates, lovable rogues and just plain reprobates. One thing they all had in common was Vitas Gerulaitis, who appears to have been everybody's best friend". (Racquet, issue 11) 


Una copia di questo articolo in inglese è disponibile qui


Dietro una foto c’è sempre una storia da raccontare. Nell’epoca in cui ancora si sviluppavano e stampavano, spesso sul retro o sul fronte venivano annotati i dettagli utili a ricordarne luogo, data e protagonisti. Oggi, con il digitale, questa usanza si è mantenuta ed evoluta con l’utilizzo delle didascalie, dei tag, dei geotag e delle mentions (@) grazie ai quali si possono aggiungere meta-informazioni per catalogare le nostre foto. 

Quest’estate mi sono imbattuto su Instagram in una foto di Vitas Gerulaitis con una dedica sul fronte: “Neal, work hard". Incuriosito da quelle due righe ho contattato il proprietario di quel profilo ed è così che ho conosciuto Neal Tourdo e le sue curiose avventure nei primi anni Ottanta, quando girò per tutto il mondo per giocare nei tornei satelliti del tour principale, dove i tennisti a inizio carriera si fanno le ossa.


Oggi Neal si occupa di finanza, ha quasi sessant’anni - che in verità non dimostra per niente - e vive in Florida, dove è stato classificato anche numero 1 in varie categorie senior. Originario del New Jersey, ha giocato come juniores a livello nazionale e ottenuto una borsa di studio per un’università di primo ordine in Louisiana. Al college ebbe la fortuna di incontrare Sol, un mecenate di Houston che gli mise a disposizione diecimila dollari per giocare a tennis nel tour. Nessun contratto, solo una stretta di mano. Dopo aver speso i primi tremila dollari, Sol lo incoraggiò a continuare perché apprezzava sia il gioco sia l’atteggiamento e il carattere di Neal. Così continuò a girare il mondo per 3 anni e mezzo (dal 1985 al 1988), visitando oltre quaranta Paesi con l’aiuto di una rivista chiamata International Tennis Weekly, che aiutava i giocatori ad orientarsi nelle sedi dei vari tornei. Pur avendo battuto giocatori che poi entrarono a far parte delle squadre di Davis dei loro Paesi, non ha nessun rimpianto e si dice orgoglioso di aver dato il tutto per cercare di arrivare ai massimi livelli. Ancora oggi considera Sol una delle poche persone ad aver fatto la differenza nella sua vita. 


Figlio di un guardalinee e giudice della USTA (United States Tennis Association), ebbe la fortuna di incontrare molti giocatori dell'epoca, tra cui il suo idolo d'infanzia Nastase e Gerulaitis. Ha tantissimi aneddoti da raccontare e mi sorprende la naturalezza con cui li ricorda, come ad esempio quella volta a cena coi suoi e con… Rod Laver. Oppure quei sei mesi in cui fu allenato da Vic Seixas - tennista americano vincitore di Wimbledon e degli US Open fra il 1953 e il 1954 – che gli insegnò a godere di ogni vittoria perché quando si vince significa che te lo sei guadagnato. Non solo in quel momento, ma in tutto quello che hai fatto per arrivare a quel momento. 


C’è un episodio divertente in particolare, che mi racconta nei dettagli e che si svolge in Italia, uno dei Paesi preferiti di Neal, forse anche per le sue origini siciliane. I nonni infatti emigrarono a New York dalla provincia di Palermo, precisamente dai paesi di Petralia Sottana e Caltavuturo. Durante uno dei suoi viaggi in Italia, insieme alla sua compagna che poi divenne sua moglie e madre dei loro 3 figli, decise di fare una gita a Biella dove c’era la sede della FILA (molto tempo prima che diventasse di proprietà sudcoreana), il celebre marchio che negli anni d’oro vestì campioni come Bjorn Borg, Adriano Panatta, Guillermo Vilas e successivamente anche Gabriela Sabatini e Monica Seles. Durante la gita a Biella, un tale a cui chiesero indicazioni per raggiungere la FILA si offrì di accompagnarli, ma prima si fermarono in un negozio di alimentari dove lo vollero come “modello” accanto a una mortadella. Poi il tale li portò a casa sua per far conoscere loro la moglie e il figlio - per il quale si erano fermati a prendere il latte all’alimentari - e ovviamente per mangiare qualcosa. Infine furono accompagnati alla FILA dove il tale conosceva un’impiegata a cui disse che quelli erano i suoi cugini dall’America ai quali avrebbe dovuto regalare dei vestiti. La signora ridendo mandò via il tizio e chiese a Neal e alla sua compagna come mai fossero in Italia e così alla fine furono omaggiati con dei vestiti FILA.


Neal si congeda con alcune nostalgiche considerazioni sul tennis di quegli anni a confronto con quello di adesso. Sottolinea come negli anni '70 e '80 il tennis fosse molto diverso da oggi e come gli piacesse di più. I giocatori avevano molta più personalità, tra di loro non tutti si piacevano e il pubblico lo sapeva. Alcuni erano più in forma di altri, c’era più varietà anche nello stile di gioco e nei punti deboli di ognuno, e l’aspetto strategico in una partita era fondamentale per affrontare gli avversari. Oggi è tutto basato sulla forza fisica, tutti sono in perfetta forma e colpiscono ogni palla con estrema forza dalla linea di fondo tanto che è difficile capire quale sia la strategia di gioco messa in campo da i giocatori. 


Gli chiedo, per concludere, quali siano i suoi idoli di ieri e di allora. Naturalmente Nastase, ma anche Rod Laver e poi Roger Federer.





Ringrazio Neal Tourdo per aver condiviso con me i ricordi delle sue avventure. Tutte le foto provengono dalla sua collezione privata.

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